Possibile che un’azienda produttrice di alimenti per animali a base di carne e pesce, cinghiale compreso, consideri ingiustificabile la caccia? Evidentemente sì, benché strano e incoerente. Federcaccia si è schierata subito contro la campagna. Il presidente Massimo Buconi è intervenuto per rispondere non solo agli aspetti oggettivi e tecnici ritenuti profondamente sbagliati e anche offensivi, ma anche per ricordare un valore che sta particolarmente a cuore: il rapporto di rispetto, affetto e dedizione che lega ogni cacciatore al proprio cane, compagno fedele di vita e di viaggio. Federcaccia dunque si è schierata con chiarezza a difesa della corretta informazione e della valorizzazione della cultura venatoria.
Anche Fondazione UNA, ha chiesto risposte chiare e dati verificabili: la condanna della caccia non può essere considerata come diversivo di un business che potrebbe rilevarsi non etico.
Queste le 4 domande: 1. Quali e quanti animali uccisi utilizzate, in un anno, per fare business? 2. Da dove vengono questi animali che alimentano il vostro business? 3. In quali allevamenti vengono uccisi, e da quali nazioni vengono importati? 4. Quali sono le garanzie sanitarie riconosciute per animali uccisi extra UE, attraverso cui alimentate il vostro business?